La storia del soldato e della principessa

…Una volta un Re fece una festa e c’erano le principesse più belle del regno. Ma un soldato che faceva la guardia vide passare la figlia del Re. Era la più bella di tutte e se ne innamorò subito. Ma che poteva fare un povero soldato a paragone colla figlia del Re?

Ma, finalmente un giorno riuscì a incontrarla e le disse che non poteva più vivere senza di lei. E la principessa fu così impressionata del suo forte sentimento che disse al soldato: “Se saprai aspettare cento giorni e cento notti sotto il mio balcone, alla
fine, io sarò tua.”

Ma, subito il soldato se ne andò là e aspettò un giorno, due giorni e dieci e poi venti. E ogni sera la principessa controllava dalla finestra ma quello non si muoveva mai. Con la pioggia, con il vento, con la neve era sempre là. Gli uccelli gli cacavano in testa e le api se lo mangiavano vivo ma lui non si muoveva.

Dopo novanta notti era diventato tutto secco, bianco e gli scendevano le lacrime dagli occhi e non poteva trattenerle poiché non aveva più la forza nemmeno per dormire… mentre la principessa sempre lo guardava.

E arrivati alla novantanovesima notte il soldato si alzò, si prese la sedia e se ne andò via”.

Dal film “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore

Preso da un forte stato di irrequieta nostalgia, qualche sera fa ho ripescato nel caos dei miei pensieri il ricordo di una scena tratta dal film “Nuovo Cinema Paradiso”, una pellicola meravigliosa che tutti dovrebbero assolutamente vedere. Avrei potuto benissimo cercarla (come poi ho fatto in seguito) su youtube, ma ho preferito gustarmi per l’ennesima volta l’intero film.

La scena è quella in cui Alfredo, interpretato magistralmente dal compianto Philippe Noiret, racconta a Totò la storia del soldato e della principessa. Una storiella che più volte mi è scivolata via senza lasciarmi alcunché, forse a causa della mia superficiale attenzione per le questioni sentimentali.

Rivedendola ancora una volta, però, sono riuscito, credo, a comprenderne il significato. C’è da dire che il racconto si presta ad essere interpretato in diversi modi; Totò, infatti, ne da una propria chiave di lettura, legata soprattutto alla sua storia personale.

Dice, infatti, ad Alfredo:

“…Te la ricordi la storia del soldato e della principessa? …Ora ho capito perché il soldato andò via proprio alla fine. Sì, bastava un’altra notte e la principessa sarebbe stata sua, ma lei poteva anche non mantenere la sua promessa e sarebbe stato terribile, sarebbe morto. Così, invece, almeno per novantanove notti era vissuto nell’illusione che lei fosse lì ad aspettarlo”.

La spiegazione che Totò si è voluto dare, però, a me non è piaciuta e così riascoltando ancora una volta il raccontino mi sono convito che il significato nascosto nell’inatteso finale fosse un altro:

“Il vero Amore non ha bisogno di prove dimostrative, il vero Amore lo senti che incendia il tuo cuore, dandoti la forza per compiere alle volte gesti estremi, ma se dell’altra parte non c’è la stessa intensità, la stessa passione, la fiamma è inevitabilmente destinata a estinguersi lentamente. Fatta questa debita premessa io credo che se una persona è davvero innamorata di qualcuno, non può sopportare di vederlo penare a causa d’una promessa o di un giuramento. Se c’è davvero un briciolo di sentimento non può esserci alcun prezzo da pagare, nessuna pena da scontare, pertanto se per Amore si viene messi a dura prova, è bene chiedersi se ne vale la pena per davvero, anche se si aspetta un cenno da una “principessa”.

Altra considerazione che nasce spontanea è legata all’immedesimazione, o meglio, all’auto-immedesimazione che inconsciamente ciascuno di noi si costruisce con il protagonista della storia (in verità di una qualunque storia), con il povero soldato innamorato. Ebbene, c’è da dire che nonostante la maggior parte di noi ha avuto il suo balcone sotto il quale ha atteso speranzoso che Cupido si mostrasse clemente con le proprie angosce, tante altre volte, invece, anche senza esserne pienamente consapevoli, abbiamo vestito i panni dell’amato/a desiderato. In questo caso siamo riusciti a scoprire che il medesimo sentimento che anima l’altrui spirito alberga anche nel nostro cuore, prima di vedere andar via la persona che ci ha giurato amore? Oppure, anche noi, abbiamo voluto soddisfare il nostro ego salvo poi realizzare il centesimo giorno che più nessuno era ad attenderci sotto il balcone? Senza nemmeno immaginare lo strazio di chi è restato, vanamente, in nostra attesa.

Un ultimissima riflessione è obbligo dedicarla alle promesse in sé. In “Forrst Gump” Tom Hanks è solito ripetere quanto gli ha insegnato la mamma, e cioè che “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”. Ebbene, vista l’incertezza che accompagna i nostri giorni sarebbe saggio evitare, soprattutto nelle storie d’amore, promesse dettate dal bisogno disperato di colmare un vuoto. La principessa mai avrebbe dovuto promettere amore in cambio di una dimostrazione di tenacia, né tantomeno il soldato dovrebbe, come sovente accade, promettere d’aspettare l’amata per un indeterminato “quantum”. Un siffatto giuramento ha la stessa aspettativa di vita d’una novembrina foglia ingiallita”.

 

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6 risposte a La storia del soldato e della principessa

  1. totonnix ha detto:

    L’ha ribloggato su Il Punto Di Vistae ha commentato:
    Bellissimo, complimenti

  2. Ivan ha detto:

    Interpretazione impeccabile. I miei complimenti.

  3. Luigi ha detto:

    Complimenti molto bello e profondo

  4. FlemmyFly (ReA Dec.Or) ha detto:

    Hmmm…. in quelle condizioni, come faceva a tenere il conto dei giorni??? La morale della storiella non la comprendo; di sicuro, l’interpretazione di Antonio valorizza e dà profondità ad un’azione che resta comunque di rinuncia (quali che siano stati i motivi che hanno spinto il soldato ad andarsene , ha rinunciato …). Poteva arrivare ai 100 e poi rifiutare la principessa, almeno avrebbe dato un senso al sacrificio (al dolore, alla sofferenza, alla pazienza) inizialmente accettato trasmettendo un messaggio più chiaro e meno fraintendibile.

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