«Uommene e femmene, gruosse e piccerille, nobele e snobele, ricche e puverielle, a o vico tale s’è aperta na nobile cantina, attaccata a o postiere, derempetto a o pizzajuolo; se venne lo vino asciutto a nu rano e a ddì a carrafa. Currite!» Questo itinerante caro lesso pubblicitario è stato recuperato da Emmanuele Rocco nel 1858, quando il banditor di vino già era chiamato “pazzariello”.
Bizzarramente vestito, con una colorata uniforme vagamente militare, seguito da tre rumorosi suonatori – tamburo, cassa e piatti, ocarina – il “pazzariello” percorreva strade e vicoli per propagandare una nuova cantina o tentare di rilanciare le sorti di un esercizio languente. In una mano impugnava il bastone, nell’altra teneva un fiasco dal quale versava vino direttamente nella bocca dei curiosi.
Qualche verso di Raffaele Chiurazzi:
“ ‘A sparata d’ ‘o pazzariello
Tutto ‘o popolo tene astrinto,
c’ ‘o tamurro, c’ ‘o siscariello
c’ ‘a rancascia cu ‘e mbomme ‘a dinto”.
Il «facchino di voce stentorea e di maniere facete» che propagandava vino e cantine era solo, nell’andare per le lastricate vie di Napoli. C’erano i banditori «per le farine e per le paste che procedono accompagnati da una cesta divisa in vari scompartimenti, dove sono gradatamente disposti i campioni con cartellini che ne indicano i prezzi». Più tardi, a cavallo fra i due secoli, la pubblicità di ogni nuova impresa commerciale fu affidata alle canzoni. Autori noti come Aniello Califano e i fratelli De Curtis scrissero versi e musica noti come ‘O bar automatico, ‘O Galliano e a crema al cioccolato Gianduja, Liquore Strega…Oggi c’è un unico, ultimo pazzariello che si offre come comparsa di qualche film da cartolina o come frammento di nostalgia da catturare con la macchina fotografica. Cantine, trattorie e pastifici magari si fanno pubblicità sulle tv private.
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